Il Consiglio di Stato è tornato ad occuparsi degli affidamenti da parte dei comuni dei lavori di riqualifica e della manutenzione degli impianti di illuminazione pubblica, affrontando in particolare la questione del (mancato) riscatto degli stessi e delle necessarie procedure ad evidenza pubblica per una corretta concessione agli operatori privati.
Nel 2014 un Comune brianzolo aveva affidato con una procedura negoziata sia i lavori di riqualificazione che la gestione dell’impianto al concessionario uscente, nonché proprietario dell’impianto. A seguito dell’intervento dell’AGCM che rilevava diverse criticità nella procedura prescelta, il Comune decideva di non acquisire immediatamente la proprietà degli impianti ma di posticipare tale momento, al fine di raggiungere un accordo bonario con il concessionario uscente. L’Autorità ha quindi espresso ulteriori perplessità sull’intero procedimento e, considerate le azioni del Comune non conformi alle indicazioni ricevute, ha impugnato i relativi atti al TAR.
La questione è infine giunta di fronte al Consiglio di Stato che ha confermato le posizioni espresse dall’AGCM, esprimendo alcuni importanti principi:
- Un affidamento diretto NON può essere giustificato sulla base di una privativa industriale (es. un brevetto) che presenta caratteristiche fungibili e surrogabili da tecnologie alternative in grado di assicurare le medesime funzionalità. Esistono infatti molti operatori che commercializzano sorgenti LED con caratteristiche assimilabili.
- La sede naturale per valutazioni comparative sia dal punto di vista tecnologico che da quello economico è quella della gara pubblica, non è sufficiente una semplice istruttoria interna all’amministrazione.
- È parimenti insufficiente la giustificazione dell’affidamento sulla base del fatto che il concessionario sia proprietario degli impianti. Il Consiglio di Stato rileva correttamente che “la previsione di acquistare la proprietà degli impianti da ammodernare solo a conclusione di tali lavori e non più in via preventiva, costituirebbe un mezzo per eludere la corretta applicazione delle regole in materia di contratti pubblici e di affidamento dei servizi pubblici locali, atteso che, in base a tali regole, il Comune avrebbe dovuto, anzitutto, procedere all’acquisto (bonario o tramite la procedura di riscatto) di tutti gli impianti di illuminazione pubblica per poi procedere, alla scadenza della convenzione con Enel Sole per la gestione degli impianti, all’affidamento del servizio in conformità al dettato legislativo”.
- In generale, “la previsione di acquistare la proprietà degli impianti di Enel Sole solo a valle dei lavori di ammodernamento e non preventivamente, costituisce un chiaro escamotage per eludere l’applicazione delle regole sulla gara pubblica” e “diversamente opinando, diverrebbe difficilmente giustificabile l’ingente esborso di risorse pubbliche per lavori che riguardano beni di proprietà privata”.
In merito a profili ulteriori rispetto a quelli anticoncorrenziali, si rimanda ai procedimenti avviati dall’ANAC per situazioni simili: http://blog.inergysrl.it/affidamento-del-servizio-luce-e-di-connessi-servizi-di-efficientamento-ed-adeguamento-normativo-degli-impianti-di-illuminazione-pubblica/